martedì 30 settembre 2008

L'Anm: «Alfano non vuole dialogo sulle riforme»



L'Unità
29 settembre 2008


Difficile fare una riforma della giustizia minimamente condivisa se si dice che non si terrà in ogni caso in nessun conto le opinioni dei magistrati. È questo, in buona sostanza, il ragionamento - e l'accusa indirizzata al Guardasigilli Angelino Alfano - che viene dal vertice dell'Associazione nazionale magistrati.
Luca Palamara, presidente dell'Anm, interviene ad un convegno sulla giustizia organizzato dai radicali. E fa notare che «se lo spirito con cui si affronta la riforma della giustizia è quello delle parole usate dal ministro Alfano al congresso delle camere penali, allora diventa molto difficile trovare un momento di confronto».

Per Palamara «pur nella diversità delle posizioni, il dialogo sulla riforma della giustizia è fondamentale». E da parte dell'Anm, assicura, «non esistono tabù su nessun argomento, ma la serenità- ribadisce- è un requisito importante per affrontare il dialogo». Serenità che, per ora, non c'è: se i toni del governo sono quelli del ministro Angelino Alfano, sottolinea il presidente del "sindacato" dei magistrati, il confronto diventa «difficile».

Cosa ha detto Alfano al dodicesimo congresso delle camere penali la scorsa settimana? Ha rassicurato gli avvocati penalisti che la riforma della giustizia si farà «perché il governo non intende fermarsi davanti ai veti dei magistrati». A cominciare dalla separazione delle carriere dei magistrati, e dalla riforma del Csm.

Con il plenum del Consiglio superiore della magistratura proprio questo martedì inizia ad esaminare le proposte di riforma del processo civile in discussione in Parlamento per riferirne al ministro Alfano.

Ne sono seguite una serie di interviste dello stesso ministro, su vari organi di stampa, volte a mitigare la durezza delle parole pronunciate davanti a un uditorio tanto compiacente sui proponimenti del governo di mettere i pubblici ministeri sotto il diretto controllo dell'esecutivo.

Ma altre indiscrezioni di stampa dicono che in effetti Niccolò Ghedini, avvocato e consigliere giuridico del premier Silvio Berlusconi sarebbe stato incaricato direttamente dal premier di lavorare in tandem con lo stesso Alfano per presentare la riforma costituzionale della giustizia in tempi strettissimi, addirittura entro ottobre.

Secondo quanto viene anticipato dallo stesso Ghedini il progetto prevederebbe interventi sulle intercettazioni, un ddl costituzionale per cambiare «dalle fondamenta» il pianeta giustizia, modifiche sulle carriere delle toghe, sul Csm, nei rapporti tra pm e polizia giudiziaria, sul sistema disciplinare per punire i giudici e sull'obbligatorietà dell'azione penale. Nessun intervento sarebbe previsto al momento sulla Corte Costituzionale. «Certo che se ci trovassimo di fronte a una declaratoria di incostituzionalità per una legge come il Lodo Alfano - aggiunge però Ghedini a questo proposito - che ha seguito in modo pedissequo proprio le indicazioni della Corte, ci troveremmo di fronte a una saldatura tra la Consulta e i magistrati».

E questo legame tra magistratura ordinaria e Corte costituzionale andrebbe troncato. È lo stesso premier a farlo capire sostenendo che il lodo Alfano «è necessario» in un «sistema giudiziario come il nostro». Perchè - detta il presidente nel Consiglio a Bruno Vespa nel nuovo libro "Viaggio in un'Italia diversa" che uscirà venerdì prossimo - nell'attuale sistema giudiziario «alcuni magistrati invece di limitarsi ad applicare la legge, attribuiscono a se stessi e al loro ruolo un preteso compito etico».

Nel nuovo libro-intervista Berlusconi attacca anche, direttamente, Nicoletta Gandus, presidente del Tribunale di Milano per la gestione del processo Mills che - lodo Alfano a parte - lo vedrebbe imputato. Di fronte ad «argomenti inoppugnabili qualunque giudice scrupoloso ed equanime avrebbe chiuso il processo. Non così la dottoressa Gandus», afferma Berlusconi. Le colpe della Gandus sarebbero per lui: aver negato «alla difesa tutti i testimoni a discarico ammettendo invece tutti quelli del pm». Due: aver accelerato i tempi del processo quando si era in piena campagna elettorale. Tre: l'aver accettato «inopinatamente» i nuovi termini di prescrizione. «Tutto ciò fece insospettire i nostri avvocati - dice Berlusconi - che alla fine vennero a sapere che la Gandus era ed è un'attivissima militante della sinistra estrema e che come tale ebbe a partecipare a tutte le manifestazioni di contrasto nei confronti del mio governo».

«E questo - sottolinea Berlusconi - è soltanto l'ultimo dei processi che mi sono stati cuciti addosso. In totale più di cento procedimenti, 900 magistrati che si sono occupati di me e del mio gruppo, 587 visite della polizia giudiziaria e della guardia di finanza, 2500 udienze in quattordici anni, più di 180 milioni di euro per le parcelle di avvocati e consulenti. Dei record davvero impressionanti, di assoluto livello non mondiale ma universale, dei record di tutto il sistema solare».

Nell'idea di giustizia di Berlusconi un giudice non deve essere soltanto imparziale. «Deve anche apparirlo». A lui, s'intende.

Del resto i legali del premier hanno già chiesto la ricusazione della giudice Gandus, senza attendere il Lodo Afano, sul quale per altro i giudici della Decima sezione del Tribunale di Milano - davanti ai quali è in corso il processo che vede imputati per corruzione in atti giudiziari Silvio Berlusconi e David Mills - scioglieranno la riserva sull'eccezione di costituzionalità presentata dal pm Fabio De Pasquale sabato prossimo.

La richiesta è quella di trasmettere gli atti alla Corte costituzionale e sospendere il processo per Berlusconi, ma non per l'avvocato Mills.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Grandi manovre sul fronte occidentale !