venerdì 30 gennaio 2009

Ötzi, fu un omicidio in due atti

IL CORRIERE DELLA SERA

Dal 1991 intorno a Ötzi, la mummia del Similaun, si sono avvicendati archeologi, antropologi, storici e scienziati di ogni tipo. I resti di quest'uomo vissuto più di 5 mila anni fa sono una fonte infinita e unica di informazioni e la sua morte misteriosa lo ha reso un oggetto di studio ancora più affascinante. Per ricostruire le ultime ore di vita e l'omicidio di Ötzi ci sono voluti una serie di studi così minuziosi da far invidia alla migliore squadra di polizia scientifica di CSI. L'ultima scoperta riguarda la datazione e la cronologia delle varie ferite presenti sulla mummia, che hanno svelato il mistero su cosa lo avesse ucciso.

DUE ATTACCHI MORTALI - L'uomo del Similaun è la più antica mummia mai trovata, portata alla luce dal movimento del ghiacciaio in cui era rimasta sepolta per migliaia di anni. Grazie alla sua straordinaria conservazione, un team di ricercatori dell'Università LMU di Monaco, guidato dal Professor Andreas Nerlich, in collaborazione con l'Istituto di Patologia di Bolzano, ha potuto analizzare minuziosamente tutte le ferite individuate sul corpo: «Risulta che Ötzi sia stato colpito mortalmente almeno due volte nei suoi ultimi giorni di vita, il che vorrebbe dire che subì due attacchi separati», racconta Nerlich.

UN TAGLIO, UNA FRECCIA E UN COLPO ALLA SCHIENA - Le ferite individuate e collocate in ordine cronologico sono tre: un profondo taglio su una mano, che risale ad alcuni giorni precedenti al decesso e quindi a un primo assalto. Il giorno della morte, un secondo attacco ha lasciato i segni attraverso la ferita di entrata di una freccia, la cui punta è stata trovata conficcata sotto l'ascella sinistra: la freccia avrebbe reciso un'arteria principale causando il lento dissanguamento di Ötzi e lasciandogli ormai poche speranze di sopravvivenza. Ma a finirlo, pochi minuti - o forse poche ore - più tardi, sembra sia stato un colpo alla schiena, sferrato con un oggetto smussato, che ha lasciato un altro segno sul dorso del nostro sfortunato antenato.

Valentina Tubino
29 gennaio 2009

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