lunedì 31 agosto 2009

Boffo va al contrattacco "Contro di me una patacca"


di ORAZIO LA ROCCA


CITTÀ DEL VATICANO - "Non una "informativa", ma una emerita patacca". E il terzo giorno dalla "crocifissione" subita sulle pagine de Il Giornale - il quotidiano berlusconiano diretto da Vittorio Feltri -, per il direttore di Avvenire Dino Boffo arriva il momento della pubblica autodifesa e del contrattacco. Ieri, il giornale cattolico ha pubblicato due pagine di lettere al direttore che fin dal titolo ("Un atto inqualificabile: non lasciatevi intimidire") esprimevano aperta condanna per l'iniziativa di Feltri e solidarietà incondizionata per Boffo.

Quella stessa solidarietà che già sabato da Genova gli era stata pubblicamente manifestata dal presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco (l'editore di riferimento di Avvenire) e che ancora ieri gli è stata rinnovata anche dal cardinale Segretario di Stato della Santa Sede Tarcisio Bertone, il porporato autore del clamoroso gran rifiuto a partecipare alla cena della Perdonanza col premier Silvio Berlusconi dopo aver letto, giovedì scorso, il furibondo attacco de Il Giornale contro Boffo. Dal Vaticano si è appreso che nel corso della telefonata, "molto serena ed incoraggiante", Bertone avrebbe rinnovato la fiducia a Boffo mettendo a tacere quelle voci circolate su alcuni giornali che hanno adombrato imminenti "cambiamenti" alla direzione di Avvenire e insinuato che gli attacchi al quotidiano cattolico sarebbero partiti da ambienti ecclesiali.

Boffo, nel suo commento alle lettere, respinge tutte le accuse mossegli da Vittorio Feltri, verso il quale a tratti usa anche espressioni ironiche come quando lo definisce il "Mourinho dei direttori" o il "primo degli astuti", che però non ha saputo controllare "con più attenzione le carte" in suo possesso forse fidandosi troppo di "qualche consigliere" all'interno del suo giornale, dandogli comunque "appuntamento in Tribunale". Punto centrale dell'autodifesa di Boffo è che non esistono "informative" di fascicoli giudiziari o della Polizia di Stato che proverebbero le sue presunte molestie sessuali. Il "documento" citato come prova da Il Giornale per incastrare il direttore di Avvenire sarebbe una "vera sola, una patacca", come - scrive Boffo - gli ha assicurato anche il ministro degli Interni Roberto Maroni "in una inattesa telefonata" nella quale il capo del Viminale "ha voluto manifestarmi la sua solidarietà e il senso di schifo che gli nasceva dalle cose lette" su Il Giornale. Il ministro - riferisce ancora il direttore - "teneva anche ad assicurarmi di aver ordinato un'immediata verifica nell'apparato di pubblica sicurezza centrale e periferico che da lui dipende, e che nulla, assolutamente nulla di nulla era emerso".

Dalla Cei, intanto, un altro intervento pro Boffo arriva da monsignor Diego Coletti, vescovo di Como e presidente della Commissione episcopale per l'educazione, il quale in una lettera aperta accusa Feltri di aver usato "criteri pericolosi e immorali per far piacere al suo editore di riferimento e vendere più copie". Il vescovo ricorda pure che "il rito abbreviato e il conseguente patteggiamento di pena (ricordati da Feltri come prove della presunta colpevolezza di Boffo), non costituisce da parte dell'accusato ammissione di colpa, ma corrisponde solo alla scelta spesso consigliata dagli avvocati di evitare le scandalose lungaggini dei processi italiani". Ed è proprio quello che, per Coletti, "è successo a Boffo".

(31 agosto 2009)

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