giovedì 25 febbraio 2010

Lesa Maestà catodica Ma le critiche sono ancora lecite?


di Paolo Flores d’Arcais

Michele Santoro ha totalmente ragione. Poiché mi sono permesso una critica e un suggerimento alla sua “gestione” degli ospiti di Annozero, dove alcuni invitati tolgono ad altri il diritto alla parola con interruzioni ininterrotte, insulti ululanti e sovrapposizione di voce, Michele Santoro ha decretato che sono “un membro perfetto dell’Agcom” (non ho idea di cosa sia, ma è certamente una cosa brutta) e “un apologeta del Berlusconi-pensiero sul ‘pollaio’”.

Ben mi sta.

Ho commesso il delitto di lesa Maestà catodica (ormai anzi al plasma), ho dimenticato che un conduttore di programma televisivo è come lo zar autocrate di tutte le Russie, solo lui conosce cosa sia il bene del suo popolo, e chi si azzarda a qualcosa che ecceda l’umile supplica è ipso facto un malvagio (in questo caso un apologeta del Berlusconi-pensiero).

Non provo neppure a scusarmi, il delitto di lesa Maestà è per definizione e da secoli inescusabile in terra, come inespiabile è in cielo quello contro lo Spirito. Del resto, per una buona confessione, come ci hanno insegnato al catechismo, non basta la contrizione per la colpa commessa, è necessario anche il “fermo proposito” di non peccare più, e io credo che invece mi capiterà ancora di inciampare nel temerario pensiero che tutte le Maestà, e financo i conduttori televisivi, siano esseri umani fallibili e limitati come noi, polvere che tornerà polvere, e dunque scambiarsi critiche e suggerimenti sia la normalità di una civile esistenza.

Perché il problema esiste, anche se Michele Santoro prende cappello al solo menzionarlo: un ospite che impedisce a un altro ospite di argomentare, sovrapponendo la sua voce, le sue interruzioni sguaiate, i suoi insulti bercianti, realizza lavoro di censura che spesso sconfina in un vero e proprio manganello e olio di ricino mediatico.

Cose che accadono sempre più spesso, e sempre in una sola direzione, con “personaggi” ormai perfettamente addestrati al ringhiare e ragliare che imbavaglia l’opinione altrui e comunque schiaccia sul nascere ogni possibilità di controversia “ad armi pari”.

Suggerire di far qualcosa perché il confronto anche il più aspro avvenga invece sempre per argomentazione razionale e nel rispetto delle “modeste verità di fatto” (in mancanza del quale rispetto, scriveva Hannah Arendt, il totalitarismo è già in marcia) non mi sembra un bizzarro chiedere la luna, ma l’abc della democrazia liberale. E forse anche della buona televisione.

Michele Santoro ha il merito di fare dell’ottima televisione, con inchieste giornalistiche esemplari. E tanto più il suo lavoro è meritorio in quanto, nel deserto informativo dell’Impero berlusconiano, senza Gabanelli, Iacona e Santoro gli italiani che non leggono un quotidiano (nove su dieci) nulla verrebbero a sapere del groviglio di cloache sulle quali poggia lo sbrilluccichio di cartapesta dell’Italia raccontata minzolinescamente, groviglio che sta portando rapidamente allo smottamento definitivo del paese. Proprio perché ha saputo innovare e fare scuola sul giornalismo d’inchiesta, però, Michele Santoro potrebbe riflettere se non valga la pena inventare e sperimentare inedite modalità di “gestione” degli ospiti, che realizzino davvero e per tutti il diritto all’argomentazione. E che magari avrebbero il plauso di milioni di cittadini telespettatori. E che in un vicino domani potrebbero a loro volta essere considerate esemplari.

Michele Santoro non accresce invece i suoi già cospicui meriti o la sua autorevolezza, se reagisce alle critiche e ai suggerimenti con l’albagia e gli anatemi di un Bruno Vespa qualsiasi.

p.s.

Michele Santoro ha iniziato la sua risposta a Marco Travaglio scrivendo che “siamo diversi e con diverse opinioni su molte cose: legalità, moralità, libertà e televisione”. Trascuro la televisione, metto tra parentesi le libertà e la moralità, sul cui significato esistono discussioni che riempiono biblioteche, ma la legalità? Incuriosisce davvero in cosa possa consistere tale differenza, visto che la “opinione” di Marco in proposito è semplicemente e limpidamente quella standard di quanti si riconoscono nei valori della Costituzione repubblicana. E’ davvero e solo una curiosità, sinceramente e senza secondi fini.

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