venerdì 30 aprile 2010

Da Scajola chiarimenti necessari Dopo sospetti e nuove accuse


Una settimana fa, quando si è parlato per la prima volta della somma di 900.000 euro che l'imprenditore Diego Anemone gli avrebbe messo a disposizione nel 2004 per comprare un appartamento a Roma, il ministro Claudio Scajola ha affermato che la notizia «è destituita di ogni fondamento». Ora che l’architetto Angelo Zampolini, accusato di aver fatto da mediatore nell’operazione immobiliare, ha confermato di fronte ai pubblici ministeri di Perugia il passaggio del denaro svelandone i dettagli, lo stesso ministro parla di «attacco senza precedenti a me e alla mia famiglia».

Poi avverte: «Non mi lascerò intimidire». Capita spesso che i politici e i funzionari dello Stato coinvolti in indagini giudiziarie gridino al complotto senza però indicare chi sarebbero i burattinai che tessono oscure trame. «Non sono indagato», sottolinea Scajola. È vero, almeno per quanto risulta sino ad ora. Le carte processuali rivelano che la Guardia di Finanza era stata delegata ad esplorare i conti correnti di alcuni professionisti sospettati di aver gestito, e in qualche caso riciclato, i soldi di Anemone. Nell'ambito di questo accertamento è saltato fuori il documento di acquisto di quella casa. E si è deciso di saperne di più acquisendo gli atti notarili e interrogando le persone che avevano preso parte alla compravendita. Comprese le due sorelle, benestanti signore romane, che avevano venduto l'immobile. Sono state proprio loro a ricordare di aver ricevuto direttamente dal ministro ottanta assegni circolari per un totale di 900 mila euro che servivano a perfezionare l'accordo. E in questo modo hanno confermato come il ministro fosse consapevole di utilizzare una cifra messa a disposizione dal costruttore. Scajola afferma di aver «troppo rispetto per la magistratura per entrare nel merito della vicenda».

In realtà una spiegazione sembrerebbe a questo punto opportuna, viste le nubi che rischiano di addensarsi sul passato incarico di ministro dell'Interno e sull’attuale carica di responsabile del governo per lo Sviluppo Economico. Soprattutto tenendo conto che nel corso degli anni Anemone ha gestito per conto del Viminale, e non solo, svariati lavori. Pur con le dovute cautele di fronte a un'indagine ancora in corso, gli elementi che stanno emergendo richiederebbero un chiarimento su quanto è davvero accaduto. Anche perché il solo sospetto di aver ricevuto soldi da un imprenditore che ha ottenuto appalti milionari, spesso a trattativa privata, è un’ombra che un uomo pubblico dovrebbe rimuovere al più presto.

Fiorenza Sarzanini

30 aprile 2010

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