mercoledì 30 giugno 2010

Modello L’Aquila per 11 nuovi penitenziari milioni di euro nelle mani di Bertolaso


PIANO CARCERI, PROCEDURA STRAORDINARIA PER LA GARA

di Chiara Paolin

Come battesimo, un’intercettazione che ha già fatto storia. Fabio De Santis, provveditore alle Opere pubbliche in Toscana e soggetto attuatore del G8 alla Maddalena: “Gira la voce che sarà affidata alla Protezione civile la gestione del piano edilizio per la costruzione di nuove carceri ... senti, reggiamo duro... , cioè ... questa voce gira ... hai capito ? Lì ci vuole una ribellione feroce”. Maria Pia Pallavicini, dirigente al ministero delle Infrastrutture, risponde: “Assolutamente.. ma dove l’hai sentita ’sta cosa? Certo però, sai, bisogna essere spalleggiati dal ministro ..., da soggetti che caldeggiano questo. Perché io posso fare tutto quello che è in mio potere, ma è molto limitato”.

Correva l’ottobre 2009, la cricca Balducci lavorava alla grande mentre la concorrenza interna (leggi De Santis) cercava un modo per addentare l’osso del Piano carceri. Anzi, la polpa: undici nuovi penitenziari e venti padiglioni da costruire in gran fretta. “Seguiremo il modello de L’Aquila” disse subito Guido Bertolaso, che tramite apposita ordinanza (3861/10) lo scorso marzo ha organizzato al meglio la pratica individuando la figura di un Commissario delegato sotto il cappello di un Comitato di sorveglianza di cui fanno parte, oltre al ministro della giustizia Angelino Alfano, lo stesso Bertolaso e Altero Matteoli, responsabile delle Infrastrutture. Certo i due sono entrambi indagati per gli appalti gestiti dalla Protezione civile, ma saranno proprio loro a dover garantire il corretto andamento delle gare, da tenersi con procedura straordinaria e riservata.

Recita infatti l’ordinanza: “Il Commissario delegato può avvalersi del Dipartimento della Protezione civile per la progettazione, la scelta del contraente, la direzione dei lavori e la vigilanza degli interventi”. Il Commissario prescelto è Franco Ionta, capo del Dipartimento Penitenziario: a sua disposizione ci sono 611 milioni di euro. Lui veramente aveva presentato un conto ben più salato per mettere finalmente in ordine uno dei settori più malandati della pubblica amministrazione: 1,6 miliardi. Ma s’è dovuto accontentare.

Una vera prova del fuoco in un contesto a dir poco esplosivo. Per i 68mila detenuti oggi in Italia ci sono a disposizione solo 44mila posti, e le nuove strutture ne garantiranno altri 9mila: già così i conti non tornano. Ieri il principale sindacato di polizia penitenziaria, il Sappe, ha reagito all’annuncio della fase ormai operativa del piano denunciando lo stato di illegalità in cui versano ormai tutte le Regioni italiane: “I detenuti presenti sono esattamente 68.026, il record nella storia del Paese – sottolinea Donato Capece, segretario generale – e vogliamo essere ricevuti dal ministro Alfano per capire esattamente cosa stia succedendo”.

Eugenio Sarno, rappresentante Uil, snocciola invece tutti i dati dell’emergenza: “Dalle piante organiche mancano 5mila poliziotti, 58 dirigenti, 609 educatori, 530 assistenti sociali, 337 contabili, 109 collaboratori e 328 tecnici. Addirittura abbiamo 45 istituti penitenziari (sul totale di 230) senza un direttore titolare. Sentiamo vaghe promesse di inserire 2mila nuovi addetti, ma mentre ci si avvia a costruire cattedrali nel deserto non c’è nemmeno un euro sicuro a disposizione degli operatori. Com’è possibile?”.

Aggiunge il segretario del sindacato agenti di custodia Osapp, Leo Beneduci: “Per la media mensile di 600-700 nuovi ingressi in carcere, nel 2011/2012 di detenuti ce ne dovrebbero essere almeno 12mila in più. Per far funzionare 20 nuovi padiglioni detentivi occorrono almeno 800 agenti, più altri 2.200 per la funzionalità iniziale di undici istituti. Quindi almeno 3mila agenti che non ci sono e non ci saranno”.

Dove sta il trucco? Semplice. I nuovi padiglioni seguiranno lo schema cosiddetto ‘a croce’. Secondo l’architetto Cesare Burdese, che da oltre trent’anni si occupa di edilizia penitenziaria, si tratta “di uno schema ottocentesco, come denuncia lo stesso Piano carceri. Si tratta della tipica soluzione utilizzata quando mancano le risorse umane: le celle si affacciano su un unico corridoio, sottoposte a un controllo visivo centralizzato che permette, con pochi agenti al centro, di sorvegliare i detenuti”. Ai quali comunque non resterà molto da fare se non restare buoni in cella visto che parte dei 611 milioni verranno sottratti alla Cassa Ammende, cioè al fondo per le attività di formazione e recupero dei carcerati. Per loro, per i 57 che hanno tentato di suicidarsi quest’anno, per i 32 che ci sono riusciti (ieri un ragazzo di 37 anni a Giarre, vicino Catania), per i 23 agenti che hanno fatto la stessa scelta negli ultimi tre anni (con un’incidenza del 180 per cento in più rispetto agli altri corpi di polizia), il Piano carceri non ha altro da aggiungere.

Nessun commento: