mercoledì 30 giugno 2010

VATICANO, È CODICE ROSSO DOPO LA DECISIONE AMERICANA


Di fronte a un crollo inedito e inaudito di credibilità, il Papa blocca il dibattito anche sulle responsabilità passate

di Marco Politi

Sull’orlo del vulcano la Santa Sede sceglie la tattica dello “stare a vedere” dopo il pronunciamento della Corte Suprema Usa e si prepara al catenaccio. In Vaticano si spera che non si arriverà ad una citazione dinanzi ad un tribunale americano del cardinale Segretario di Stato Bertone, del decano del collegio cardinalizio Sodano se non dello stesso Benedetto XVI. La decisione della Corte Suprema di “non decidere” sull’immunità della Santa Sede nei processi di pedofilia (come richiesto dalla stessa amministrazione Obama) apre però la strada ad una situazione molto pericolosa per il Vaticano. Il giudice dell’Oregon può ora andare avanti nell’accertare le specifiche responsabilità degli organi centrali vaticani per quanto riguarda i trasferimenti omertosi del prete-predatore Andrew Ronan (morto nel 1992), spostato via via dalle autorità ecclesiastiche dall’Irlanda a Chicago e infine a Portland, dove continuò ad abusare. Jeff Anderson, l’avvocato principe dei processi per pedofilia negli Usa, preannuncia una richiesta di audizione di Bertone e Sodano. Oltretevere tenteranno a quel punto di chiedere nuovamente l’immunità, augurandosi che la Corte Suprema decida di riconoscere la non processabilità di esponenti di un governo straniero. Ma ciò che sfugge ai prelati vaticani nel giorno di festa del 29 giugno, in cui si esalta l’autorità suprema del papato, è che in Occidente è in corso un gigantesco smottamento di immagine e di prestigio della Chiesa cattolica, non più vista e riverita come potere sovranazionale superiore alle leggi statali.

Gli eventi di questi giorni sono il segno di un passaggio d’epoca. Per sedici secoli, dai tempi dell’Impero romano sotto Costantino, Teodosio II e Giustiniano, la Chiesa si è costruita passo dopo passo un’immunità strutturata a sistema, per cui clero e vescovi mai sottostavano alla giustizia civile. Per cui clero e vescovi erano quasi sempre intoccabili. Per cui la gerarchia ecclesiastica non doveva “rendere conto” a nessuno dei suoi affari interni. I processi negli Stati Uniti degli anni scorsi e le condanne di risarcimento milionario inflitte alle diocesi per i casi di occultamento della pedofilia hanno fatto breccia in questo sistema, le commissioni d’inchiesta statali come in Irlanda lo hanno scosso, la valanga di eventi accaduti nelle ultime ore lo sta frantumando. La Corte Suprema americana non ha ritenuto di concedere automaticamente l’immunità, la giustizia belga (seppure con un’azione spettacolare probabilmente inutile, perché i vescovi belgi avrebbero consegnato egualmente i loro computer e risposto ad interrogatori anche senza il sequestro di nove ore dell’intera conferenza episcopale) ha messo alla gogna la leadership ecclesiastica di una nazione, infine il comunicato vaticano su Propaganda Fide – nel riconoscere gli “errori” della congregazione – sono la testimonianza che il vento è cambiato.

Di colpo la Chiesa cattolica è trascinata dal suo empireo, dal suo essere un “potere al di sopra dei poteri terreni”, ed è obbligata a misurarsi con l’opinione pubblica, con le richieste di rendiconto dei mass media, con le citazioni dinanzi alle magistrature statali. Le prime risposte di papa Ratzinger non sembrano essere all’altezza della nuova sfida. Il coro dei cortigiani, ecclesiastici e non, è già partito esaltando la sua svolta riformatrice, ma la situazione è più complessa. Benedetto XVI sulla piaga di pedofilia ha avuto un grande sussulto morale, improntato a rigore, facendo mea culpa nella Lettera agli Irlandesi, ponendo al centro la sorte delle vittime, esortando alla consegna dei preti colpevoli alla giustizia civile. Ma ora che l’aggravarsi della crisi richiede una risposta di “politica ecclesiastica” il Papa appare esitante. L’operazione-pulizia in Italia – terra che sottosta direttamente alle direttive papali – non è nemmeno partita. La Cei non fornisce risposte sui cento casi di preti abusatori già acclarati e non apre un’inchiesta nazionale per scoprire le vittime non ascoltate.

Di più: lunedì Benedetto XVI ha tappato la bocca al cardinale Schoenborn, che aveva sollevato la questione delle responsabilità del cardinal Sodano, Segretario di Stato durante il pontificato di Giovanni Paolo II, nel bloccare un’indagine del Sant’Uffizio – allora diretto da Ratzinger – sul cardinale pedofilo austriaco Groer e sul fondatore pedofilo e concubino dei Legionari di Cristo, Marciel Macial. In un comunicato vaticano fuori dall’ordinario Schoenborn è stato costretto a scusarsi per le “interpretazioni date alle sue espressioni”. Con durezza è stato dichiarato che “nella Chiesa, quando si tratta di accuse contro un cardinale, la competenza spetta unicamente al Papa”. Gli altri possono solo fare opera di “consulenza”. E’ un bavaglio al dibattito tra i massimi esponenti della Chiesa proprio nell’ora in cui ce ne sarebbe maggiormente bisogno. Perché Schoenborn non ha sbagliato. Le inchieste su Groer e Macial furono davvero bloccate. Il Fatto è in possesso di una lettera privata di Groer del 1998 in cui il cardinale ammette che la dichiarazione pubblica – con cui non fornì spiegazioni prima di dimettersi – gli fu “sottoposta” alla firma con l’impegno di un “santo silenzio, di un segreto (da osservare)”. E solo dal Vaticano poteva venire l’imposizione al porporato pedofilo di un testo da sottoscrivere sotto obbligo di silenzio. Il bavaglio a Schoenborn vuole bloccare le rivelazioni sugli anni ‘80 e ‘90. La missione del Papa, ha dichiarato ieri Benedetto XVI in San Pietro, è “garanzia di libertà per la Chiesa” nei confronti dei “poteri locali, nazionali o sovranazionali” e di salvaguardia della tradizione cattolica da “errori concernenti la fede e la morale”. Una rocciosa esaltazione del primato papale. E tuttavia, questa sarebbe l’ora di un consulto di Benedetto XVI con il collegio cardinalizio invece dell’isolamento nella riaffermazione del potere supremo. Senza l’apertura di un dibattito trasparente e collettivo sugli errori del passato e le scelte del futuro, la crisi della Chiesa è destinata ad aggravarsi.

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