mercoledì 29 dicembre 2010

Ultima frontiera: proviamo a scappare nell’iperspazio


LUIGI GRASSIA

La Royal Society venne alla luce tre secoli e mezzo fa ispirandosi alla «nuova scienza» di Francesco Bacone. Nacque non solo per soddisfare curiosità, ma anche per trovare soluzioni ai problemi pratici dell’epoca: migliorare la navigazione, ricostruire Londra dopo il Grande Incendio eccetera. Nel XXI secolo le domande che ci poniamo sono in parte uguali e in parte diverse da quelle di un tempo; l’astronomo Martin Rees, subito prima di cedere la poltrona di presidente della Royal Society al genetista Paul Nurse, ha proposto 10 quesiti/misteri che stanno di fronte a noi e a cui sarebbe bello che la scienza rispondesse oggi o in un futuro prossimo.

Partiamo dalle domande più generali, che riguardano la natura del tempo e dello spazio.

Numero uno: che cosa c’era prima del Big Bang? A rigore il quesito è insensato, perché, sulla base di quanto ci risulta, il tempo (come lo spazio) è nato con il Big Bang, quindi non è esistito alcun «prima». Tuttavia il problema cacciato dalla porta rientra dalla finestra.

Anche qualora il nostro Universo fosse una fluttuazione quantistica del nulla, si sarebbe trattato di un nulla quantistico, cioè di un Caos con delle proprietà intrinseche, un Caos potenzialmente organizzabile. Forse non c’era un vero e proprio tempo, «prima» del Big Bang, ma è possibile che ci fosse «qualcosa», e che quel qualcosa contenesse anche un simulacro di tempo, o una potenzialità di tempo, o un equivalente funzionale del tempo... I cosmologi ci stanno lavorando non solo in termini filosofici, cercano anche di ottenere le difficili verifiche sperimentali proprie della scienza.

Una seconda domanda riguarda lo spazio: sappiamo (e questo è verificato sperimentalmente) che lo spazio dell’Universo si espande. Ma in che cosa si espande? Si espande in una specie di superspazio infinito pre-esistente (magari il «bulk» a 11 dimensioni della teoria delle stringhe/corde) della cui presenza, al momento, non abbiamo prove? L’astrofisica Lisa Randall ipotizza che molteplici universi galleggino nel «bulk», scontrandosi in un ciclo eterno di creazione e distruzione nello stile dei Kalpa indù, ma azzarda pure che pezzi di Universo possano essere deliberatamente staccati nell’iper-spazio, fuori dal tempo, e sottratti alla contingenza dei singoli universi, mettendo in salvo l’umanità futura dalle catastrofi cosmiche, come è nei sogni degli scrittori di fantascienza (leggete ad esempio «L’ultima domanda» di Isaac Asimov).

Facciamo un passo indietro. Altro che scavarci un rifugio nell’iper-spazio. Finora non riusciamo neanche ad andare sulle stelle più vicine. Ci riusciremo in futuro (
terzo quesito)? Qui la Royal Society si sbilancia nelle previsioni come non fa in altri casi: entro 100 anni, dice, gli esseri umani avranno raggiunto anche i pianeti più remoti del sistema solare e, quanto alle stelle, se riusciremo a inventare un mezzo di locomozione con una velocità anche solo pari all’1% di quella della luce, nel giro di 10 milioni di anni avremo popolato l’intera galassia. E che ci vuole?
Un’altra faccenda legata alla fantascienza riguarda la possibilità di registrare i ricordi e di renderli nuovamente fruibili. È la quarta domanda. Potremmo rivivere le esperienze esattamente come sono state e persino condividere le sensazioni visive, olfattive, tattili, erotiche e psichedeliche con altre persone.
Senza danni? No, nel film «Strange Days» queste attività potevano essere pericolose. Qui si oltrepassano i limiti della natura umana come la conosciamo.

Per lo meno finché ci resta una natura umana da esplorare, la Royal Society ci propone come
quinta domanda «che cos’è l’auto-coscienza?». Roger Penrose suggerisce che vi abbia un ruolo la meccanica quantistica. E l’auto-coscienza è qualcosa che nel giro di pochi decenni potremmo condividere con macchine pensanti.

La
sesta domanda riguarda la possibilità che scienza e tecnologia ci restituiscano presto un’individualità che la produzione di massa ci ha tolto: consumeremo prodotti personalizzati? Avremo medicinali fatti su misura per i nostri problemi di salute? Beh, siamo già sulla strada.

Segue
una raffica di tre domande più retoriche che altro (cioè importanti, ma senza risposta): il genere umano sarà capace di sviluppare un approccio scientifico ai suoi problemi? In particolare a quelli dell’energia e dell’inquinamento? E quando si fermerà la crescita demografica, di cui non si parla quasi più?

E a proposito di matematica, fra i problemi quello che più intriga gli esperti è la formula (se c’è) per ricavare tutti i numeri primi, quelli divisibili soltanto per se stessi e per uno. Scopriremo la formula (
decima domanda)? Per ora il numero primo più alto che abbiamo trovato ha 13 milioni di cifre. Può sembrare una curiosità strampalata scovarne sempre nuovi, ma se i matematici dicono che è importante, dobbiamo crederci.

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