venerdì 30 settembre 2011

La rivolta del Quarto Partito "Al voto per rilanciare il Paese"


di ALBERTO STATERA

GOVERNO "codardo", che "umilia il Paese". Sarà per la giovane età, sarà perché il tempo è ormai scaduto e la crisi morde senza speranze, sarà per la percezione di un'avventura politica ormai troppo a lungo agonizzante nel "non fare" e nel "malaffare", ma le parole più dure del Quarto Partito, nella tarda resipiscenza, vengono da Jacopo Morelli.

Presidente dei Giovani di Confindustria, Morelli è garbato, educato, non avvezzo ai toni troppo forti, tanto da credere di annunciare "una cosa rivoluzionaria" dicendo che fra poco più di tre settimane al convegno annuale di Capri rifiuterà politici sul palco, dopo che la presidente Emma Marcegaglia ha dato il benservito al governo, e persino i costruttori, colleghi d'imprenditoria del premier, hanno gridato "vergogna" all'indirizzo di uno dei tanti suoi improbabili ministri. E se Berlusconi irromperà a Capri come nel 2006 a Vicenza, quando sciatalgico saltò sul palco, mise in mora l'allora presidente Luca Cordero di Montezemolo e insolentì Diego Della Valle, godendo le ovazioni di un'assemblea da lui "ipnotizzata" come lo fu Sabina Began?

"Guardi - ci risponde il garbato Morelli - sono passati anni e le cose sono cambiate, perché dopo tanta inerzia il paese sta pagando le non scelte. Noi non ci sentiamo il Quarto Partito di degasperiana memoria. Quello senza il quale, De Gasperi disse allora, nel dopoguerra, che non si poteva governare l'Italia. Ma siamo donne e uomini liberi che vogliono contribuire a fare una grande operazione verità. Pretendiamo che i politici e il governo non facciano i sismografi di minoranze elettorali, ma facciano le cose giuste. Anche perché i loro elettori ormai si sono dati una regolata: hanno capito che la demagogia affonda il paese".

Berlusconi non salterà dunque sul palco di Capri. E' off limits anche per lui. In maggio, il garbato Morelli scrisse al premier, chiedendo di essere ricevuto per illustrare un pacchetto di proposte dei Giovani. Mai ebbe risposta, da un uomo forse impegnato troppo a gestire le coorti di coccodè, gli amici lenoni e le armate di avvocati. "Ho tutto il rispetto istituzionale dovuto al presidente del Consiglio, ma nel rispetto occorre un po' di reciprocità", azzarda Morelli. Se il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano accettasse l'invito, a Capri sarebbe invece di certo il benvenuto. Morelli gli ha scritto del "profondo disagio nel vedere il nostro paese nelle attuali difficoltà" a causa di una "politica priva di coraggio nelle riforme" e ne ha avuto subito riscontro.

Dio mio, che capitale di consenso disperso giusto in un decennio da Berlusconi. Correva il 2001, assemblea di Parma. "Il tuo programma è il mio programma", urla un Berlusconi appena trapiantato nel pelo non ancora asfaltato ad
Antonio D'Amato, presidente confindustriale, quasi ipnotizzato dall'imprenditore-politico come anni dopo sarà Sabina Began. Se oggi a D'Amato, comunque uomo di destra, parlate del premier, non otterrete neanche più risposte, ma soltanto smorfie quasi di disgusto. Il feeling durò. Gli astuti imprenditori credettero davvero per anni che Berlusconi incarnasse la nuova politica, liberista, filoindustriale, liberata di tutti quei fardelli di impianti culturali del passato, persino di quella sacralità della politica "alta" di Moro e Berlinguer, delle formule politichesi incomprensibili ai più come le "convergenze parallele". Fatti, non formule, dal mago di Arcore.

Poi venne Montezemolo che azzardò i distinguo e mal gliene incolse. A Vicenza nel 2006, l'istrione lo alienò dalla sua base del nord, la più importante. Oggi è un diluvio, con Emma Marcegaglia che dopo tanti penultimatum ha finalmente vergato l'ultimatum. Basta leggere "Il Sole-24 Ore", cui gli imprenditori interrogati confidano: "Mai vorrei essere bollato da comunista - dice uno - perché chiedo che questo governo se ne vada". Per carità, chi ci crede più ai comunisti. Altri articolano: "Un voto al governo? " - ironizza Mario Carraro, testa pensante dell'imprenditoria veneta - "Inclassificabile". E Roberto Zuccato, presidente di Confindustria Vicenza: "Basta credito, quando finalmente si andrà a votare sarà un voto complicato".

Lo certificano con metodi grillini anche gli imprenditori edilizi dell'Ance. E' un signore anziano molto dignitoso a urlare per primo l'altro giorno in platea "vergogna!" all'indirizzo di
Altero Matteoli. Le foto sono sui giornali poche pagine dopo quella di Berlusconi che abbraccia come in una scena del Padrino il ministro dell'Agricoltura Saverio Romano, accusato di concorso esterno con la mafia, cui la maggioranza berlusconiana, con il contributo determinante della corrente leghista del ministro di polizia Roberto Maroni, ha negato la sfiducia. Quella foto finirà forse sui libri di storia, più di quelle delle missioni di Stato ufficiali con Lavitola e col ministro degli Esteri Frattini, detto in alcune cancellerie "Fattorini", o dei compleanni con la vergine Noemi Letizia, come la certificazione di un'era politica durata quasi quanto il fascismo, che non seppe neanche liberarsi per consunzione interna.

Fa piacere che sia il giovane e garbato Morelli, dolce accento toscano, a usare i toni più aspri: codardia, umiliazione, rabbia per un'Italia 50 punti sotto il basis rating della Spagna, che ha un sistema industriale nano rispetto al nostro. Ma tant'è. Zapatero annunciando le dimissioni e le elezioni anticipate in novembre ha fatto risparmiare al suo paese alcuni miliardi di interessi sui titoli pubblici. Forse la sua patria la ama
. Berlusconi è diventato invece un costo miliardario per la collettività, di cui si faranno i conti nel giorno in cui lascerà la poltrona cui è abbarbicato a palazzo Chigi a non-guidare un paese che considera "di merda". Nessuno forse gli ha detto che da diciassette anni questo paese olezzante si è identificato con lui, non solo nelle periferie operaie, ma nei santuari industriali e finanziari, in quelli che lui continua a definire i poteri forti. Ma forse poteri morti.

Cosa avrebbe detto il giovane e garbato Morelli al premier se ne fosse stato ascoltato? Lo abbiamo chiesto a lui stesso che ci ha sfornato una serie di dati per spiegare, ad esempio, come i suoi coetanei che non hanno beni di famiglia vivranno in povertà in un ex grande paese industriale a causa della politica dominante, incapace da anni di superare la viltà soltanto per mantenere il potere. "Gli avrei detto, per esempio, che la Germania ha l'11 per cento di spesa pensionistica sul Pil, la Svezia il 9,5 per cento, contro il nostro 15. E che per meri interessi elettorali non si possono condannare i miei coetanei, oltre che all'attuale alla futura povertà".

I dati di Morelli sono persino ottimistici. Gli abbiamo segnalato quelli calcolati da
Walter Passerini e Ignazio Marino in un libro uscito ieri per Chiarelettere nel quale i conti sono meno propizi: un ragioniere oggi quasi di mezza età andrà in pensione con un 20/25 per cento dell'ultima retribuzione, un biologo con il 13, un infermiere con l'11. Ma dopo il 2013. Il futuro del paese per il governo Berlusconi non è cosa nostra.

Per quasi tre lustri questo berlusconismo di governo ha stregato l'ex Quarto Partito. Ce ne ha messo per svegliarsi dal lungo sonno della ragione.

a.statera[at]repubblica[dot]it

(30 settembre 2011)

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