mercoledì 30 novembre 2011

Giù il cappuccio


di Marco Travaglio

Noi, sia chiaro, ci sentiamo più che mai coesi intorno al governissimo che fa benissimo, sobri come e più di Monti e della sua signora, sempre tesi all’afflato patriottico di solidarietà nazionale che spira dal Colle, ma soprattutto molto tecnici per il bene supremo della Nazione.

Ciò premesso, e reso il dovuto omaggio a Gianni Letta che ormai è monumento nazionale (sempre sia lodato), vorremmo sapere, se ancora è permesso fare domande, che diavolo c’entra l’emergenza finanziaria col neosottosegretario alla Difesa Filippo Milone, già portaborse di ‘Gnazio La Russa che un anno fa telefonava a un dirigente di Finmeccanica per scucirgli un finanziamento per la festa del Pdl, ma soprattutto ex factotum della Grassetto Costruzioni di don Salvatore Ligresti, arrestato nel '92 per le mazzette nelle Asl torinesi, pregiudicato per abuso d’ufficio nella Tangentopoli dell’ospedale di Asti (una stecca di 6 miliardi di lire promessa a vari politici in cambio dell’appalto); e poi ancora indagato ad Aosta, a Napoli e a Padova per altri scandali ligrestiani, da cui uscì sempre indenne fra prescrizioni e assoluzioni. Viste le volte che ha dovuto difendersi in tribunale, è chiaro perché l’han messo alla Difesa. Ma resta un mistero in che senso sia un “tecnico”: forse in fatto di bustarelle?

Chissà la festa a Palazzo Chigi, ieri, quando ha incontrato il collega sottosegretario agli Interni Giovanni Ferrara, che fino a due giorni fa era procuratore capo di Roma e indagava sulla sua telefonata a Finmeccanica. Ferrara aveva indagato pure Roberto Cecchi per abuso d’ufficio e ora se lo ritrova al fianco, sottosegretario ai Beni culturali: altra bella rimpatriata, al giuramento di ieri.

Monti – come già Passera, che giura di non avere conflitti d’interessi perché ha smesso di fare il banchiere mentre diventava ministro allo Sviluppo economico e a tante altre cose – garantisce che nel suo governo non ci sono conflitti d’interessi: Ferrara infatti non indaga più (ammesso che lo facesse prima) e Milone (almeno si spera) non telefona più a Finmeccanica per conto di La Russa. Il quale comunque, a scanso di equivoci, ha subito detto che i sottosegretari gli stanno bene, tappando la bocca a Gasparri che eccepiva sulla tecnicità del sottosegretario D’Andrea, ex onorevole margherito. Anche perché nel governo tecnico è entrato un altro tecnico che meno tecnico non si può, ma di centrodestra: Magri, eletto senatore dell’Udc nel 2001, ma solo per un errore di calcolo dei voti, è rimasto per due anni sulla poltrona abusiva finché fu risarcito con un posto di sottosegretario nel secondo governo B. Nessun conflitto d’interessi nemmeno per Ciaccia, che mentre diventa sottosegretario alle Infrastrutture nel ministero dello Sviluppo smette di dirigere Banca Intesa Infrastrutture e Sviluppo, da dove fino all’altroieri finanziava le infrastrutture che ora dovrà controllare. E tantomeno per Carlo Malinconico Castriota Scanderbeg (imparentato con la contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare e il marchese Giovanmaria Catalan Belmonte): lui era solo il presidente della Federazione Editori e ora dovrà vigilare sugli editori come sottosegretario all’Editoria, così almeno avrà da fare e non andrà più in ferie all’Argentario a spese di Anemone.

Ecco, esimi presidente Napolitano e professor Monti: che razza di governo tecnico è questo, se i tecnici li scelgono i politici? Basta levare il cappuccio ai sottosegretari, e in fronte a ciascuno comparirà l’etichetta di un politico: Cardinale (marito della capogabinetto di Schifani), Malaschini (Schifani), Dassù e De Vincenti (D’Alema), Grilli (Tremonti), Peluffo (Ciampi), Martone (Brunetta), Vari (Innocenzi), Mazzamuto (Alfano), Zappini (Franceschini e Giulio Napolitano, figlio di Giorgio, con cui ha scritto un libro).

Per carità, va bene l’afflato patriottico. Ma questi hanno l’afflato un tantino pesante.

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